La sconfitta interna contro l’Empoli ha spinto la Salernitana ad esonerare Filippo Inzaghi. La panchina è stata affidata a Fabio Liverani, l’ex Lecce e Cagliari si è presentato in conferenza stampa questa mattina:
“Con lo staff cerchiamo di avere un’idea su tutte le squadre durante il campionato finché non si riprende l’attività. Ero a Parigi quando sono stato chiamato dal direttore, non mi sono mosso per sette mesi e in quei due giorni ero appena sbarcato. La squadra l’ho vista, è evidente che ha avuto un po’ di cambiamento con il mercato di gennaio. Non c’è tanto tempo, c’è la volontà di creare qualcosa, partita dopo partita, senza darci troppe scadenze a lungo termine. Dobbiamo pensare a preparare, a giocare e a diventare una squadra che ha dei valori individuali medio-alti, ma ad oggi come collettivo ha espresso poco. Dobbiamo diventare una squadra in poco tempo, però ci sono le qualità. Se oggi ho accettato, a prescindere dalla storia emozionante che ha raccontato il direttore e dalle sue percentuali, è perché credo che si possa ambire ad avvicinare le avversarie che sono davanti a noi. Lo credo fermamente, ecco perché ho accettato questa sfida.
Prendere gol e farne pochi non credo sia soltanto una questione di moduli o di numeri, credo sia nella mentalità di avere la percezione del pericolo quando gli altri giocano e quando giochiamo noi nella metà campo avversaria. Bisogna avere quel pizzico di follia per andare a riempire l’area di rigore. Oggi le partite si vincono per un calcio da fermo, per un calcio d’angolo o per la volontà di andare a riempire l’area avversaria per fare gol, ma la stessa fame deve esserci nella nostra area. È una mentalità collettiva, non una questione di sistemi. Tifosi? In questa città è stato fatto un “miracolo sportivo” due anni fa. La gente, la tifoseria e lo stadio è stato un valore aggiunto per arrivare a fare quello che è stato fatto. Oggi non posso chiedere niente alla gente, siamo noi che dobbiamo dare. Voglio vedere una Salernitana affamata, attenta, orgogliosa, che esca dal campo stremata. Se trasmetti qualcosa ai tifosi, ci ricambieranno tantissimo. Ora tocca a noi trascinare la gente perché qui basta poco per accendersi.
Kastanos? Quel ruolo lì si può interpretare in modi diversi. Nella rosa non ci sono caratteristiche del regista classico. Tuttavia in organico c’è qualcuno con cui si può lavorare, qualcuno lo conosco di più mentre qualche altro lo vedrò in campo. La posizione dei piedi e del corpo fanno la differenza in una partita, ti permettono di essere più giusto nella gestione di una difficoltà. Se ti muovi bene, l’avversario fatica ad attaccarti. Kastanos è uno di quelli che ha maggiore qualità e posso impiegarlo in diversi ruoli. Capiremo se occorre tecnica dalla metà campo in su o se voglio una Salernitana che costruisca dal basso. Devo metterlo nelle condizioni di esprimersi.
Contratto? Non c’è tempo per parlare di futuro. La società e il direttore mi hanno scelto per ciò che serve adesso. Abbiamo quattro mesi per conoscerci, per valutarci. Se ci salveremo, ragioneremo e capiremo le volontà, che vanno oltre il pezzo di carta; se l’impresa non riesce ma si sta bene insieme parliamo di nuovo con totale serenità; se va tutto bene e le strade si separano, va bene così e ci godremo qualcosa di straordinario fatto assieme. Nessuno può sapere cosa accadrà in futuro. Attaccanti? Dobbiamo cercare, rimanendo equilibrati, di vincere le partite. In qualche modo dobbiamo cercare di mettere un po’ di offensività. Si può trovare con attaccanti puri o con trequartisti, sugli esterni abbiamo giocatori di gamba e che possono arrivare sul fondo, in questo modo si riempie l’area di rigore. Giocheremo con calciatori offensivi, ma tenendo sempre conto degli equilibri.
Inter? Non possiamo fare tante prove, a prescindere dall’avversario. Non abbiamo tempo, ogni partita è una possibilità per fare punti. Candreva e Dia? Dal punto di vista tecnico ci dobbiamo appoggiare a loro, dal punto di vista di carisma tecnico. La squadra però deve essere anche supportata da loro, bisognerà aiutarsi a vicenda. Sono calciatori ai quali bisogna lasciare un minimo di libertà e spazio. L’importante è che siano armonici con i compagni nelle due fasi di gioco. Fascia? Lo spogliatoio è sacro, i giocatori sanno gestirlo. Ho grande rispetto e lascio la gestione ai calciatori, tuttavia il controllo di qualunque situazione passerà da me. Le regole passano da me. Se però non ci sono situazioni sulle quali intervenire, credo che sia giusto lasciare tutto uguale”.