Giovanni Simeone
, attaccante del Napoli, è stato ospite di Drive&Talk, format prodotto dal club campano: Di seguito un estratto: “La mia curiosità è sempre stata grande. Da piccolo non immaginavo mai di essere in un posto come Napoli e vincere lo scudetto, non avevo la qualità che forse oggi ho acquisito negli anni. Ho sempre voluto di più, questa curiosità facendo anche autocritica, mi ha spinto oltre. Riconosco i miei limiti, vado avanti in base a quello he ho. So che qualitativamente i miei compagni sono più forti, però la testa vale di più. Se vedo qualcuno che si abbatte, vedo che è il mio momento e devo colpire. È una cosa più mentale.
Ho un app dove ci sono tutti i dati e le statistiche del calcio, in settimana mi metto a guardare la squadra avversaria che affrontiamo. Quando guardo mi viene in mente uno spazio che c’è oppure una giocata da fare e me lo segno. Prima della gara, il mio taccuino mi segno tutte le cose che ho avuto in mente nella settimana. Mi piace essere un piccolo allenatore di me stesso. Per esempio un attaccante deve studiare molto bene il portiere, ci sono pochi attaccanti che lo fanno. Devi sapere le sue posizioni e come si prepara al tiro. Non tutti si comportano alla stessa maniera, ci sono portieri che restano fermi oppure fanno un salto o mettono le braccia dietro. Lo scorso anno in Napoli-Roma, quando faccio gol, quel gesto me l’ero segnato. Avevo detto: se devo tirare da lontano è meglio tirare basso, se sono vicino all’area devo tirare alto. L’ho pensato e mi è riuscito, sembra una cosa stupida ma mi ha aiutato tantissimo.
All’inizio ero fissato con la scaramanzia, poi ho capito che quando meno sei attaccato a quello meglio puoi vivere. A 20 anni ero solito fare dei palleggi prima di una gara e, se non raggiungevo un certo numero, era un segnale che non stavo bene. Lo psicologo mi fece capire che era impossibile che sbagliando un palleggio significasse non giocare bene in gara oppure non segnare. A volte la testa si blocca su queste cose. Quel palleggio sbagliato mi bloccava ed era una cosa sbagliata. Lo scorso anno ci stavamo giocando lo scudetto, quindi qualcosina ho fatto tipo le mutande da Champions solo per quelle, le stesse scarpe. Mi ricordo che mia nonna che quando ti fa male la testa fa delle preghiere e sparisce, anche mia madre fa un po’ queste cose. Prima di Real Madrid-Napoli di Champions League chiamo mia mamma dicendogli che ero un po’ agitato per la gara. Mia mamma mi disse di mettermi a pregare che andrà tutto bene. Quando mi tolgo la felpa si rompe il corno rosso, era quasi un segnale. Lei mi ha detto che quello mi aveva protetto fino a quel momento ed ero pronto, quel giorno ho fatto gol. Incredibile“.